Profumo di aranci e rose

Un intenso profumo di aranci e rose

Fu così che tutto iniziò.

Lei, Marta, una giovane ragazza del sud, esplosiva, piena di vita e con la passione per la moda; lui, Giorgio, un dirigente, concreto, pacato e con i piedi ben piantati per terra. Erano tanto diversi tra loro ma, a detta di tutti, il loro amore sembrava una favola.

Le rose, si diceva.

Tutto nacque così: una giornata in campagna tra amici. I due non si conoscevano ma si guardarono insistentemente. A un certo punto lei si allontanò.

Vado a fare due passi nell’aranceto!

Il resto del gruppo non si stupì. Marta era così, una sognatrice con la testa perennemente tra le nuvole. Aveva idee e necessità che agli altri neanche frullavano per la testa. Ad alcuni sembrava anche un po’ suonata.

Ma non a Giorgio che invece era stato attratto proprio dalla sua aria sognante. Approfittò di quella occasione per raggiungerla e stare un po’ solo con lei. La seguì. Procedendo lungo il suo percorso nell’aranceto, colse tre rose per donarle a lei. Passarono un po’ di tempo lì, seduti tra gli aranci e le rose. Dopo un po’ lui le disse: “facciamo un giro in Vespa, ti va?”. E si allontanarono insieme in una inaspettata complicità. Trascorsero tutto il pomeriggio scorazzando su una vespa color fuoco per le vie di tutta la città. Un romantico tramonto sul mare divenne testimone di una nascente storia d’amore destinata a durare per tutto l’anno successivo.

 

 

Fino a quando non arrivò quella lettera.

“…motivo per cui riteniamo che lei risulti essere la persona adatta al profilo che la nostra azienda sta ricercando. La attendiamo in sede a Parigi per la firma del contratto”.

Marta era stata selezionata per un posto in una delle aziende di moda più importanti d’Europa.

Furono mesi difficili, di litigi e fraintendimenti. Quel profumo di rose e aranci cominciava a puzzare di incomprensione.

Nessuno dei due sembrava intenzionato ad abbandonare il proprio lavoro e tutti i sacrifici fatti per raggiungerlo.

E così fu. Lei partì e lui rimase. Tra lo stupore di tutti. La coppia perfetta era scoppiata.

Erano ancora l’uno pazzo dell’altra ed entrambi lo sapevano. Ma l’orgoglio li aveva congelati.

Per tutto l’inverno seguente ciascuno dei due si informò continuamente su ciò che facesse l’altro. Lei, tramite amici, aveva saputo della promozione di Giorgio e ne fu felice.

Lui, da altri amici, sapeva un po’ tutto di lei e soprattutto era venuto a conoscenza che ogni giovedì andava inspiegabilmente in cima alla Tour Eiffel, da sola, e ci trascorreva tutto il pomeriggio. Forse pensando a lui…chissà.

Questo filo che ancora li univa – l’uno inconsapevole del sentimento dell’altro –  affogava nell’orgoglio, fino a che, in una tiepida mattina d’aprile, Giorgio assistette a una scena che gli cambiò repentinamente il progetto di vita. Due vecchietti, dal passo lento e incerto, camminavano in un parco tenendosi per mano. Il percorso era cosparso di fiori di campo.   D’un tratto l’uomo si chinò e ne colse uno per donarlo al suo amore, forse l’unico della sua vita.  Lei gli sorrise e si abbracciarono incuranti della gente.

Giorgio fu profondamente toccato da quella scena. Chissà quanti affanni, afflizioni, angustie, avevano conosciuto quei due vecchietti, ma il loro amore, come una zattera fra i flutti, era stato più forte di ogni patimento. Quei due erano l’emblema dell’amore. E della felicità. E loro due, invece, mettendo al primo posto la carriera, avevano buttato all’aria il loro sentimento.

Senza più alcuna esitazione si diresse nel suo ufficio, prese un foglio e cominciò a scrivere. Rilesse, tirò un sospiro e firmò. Chiuse tutto in una busta e la consegnò sulla scrivania del suo capo: aveva appena rassegnato le dimissioni. Corse in aeroporto ed acquistò il primo volo per Parigi. Sperava di trovarla lì, sulla Tour Eiffel come ogni giovedì.

Sceso dall’aereo chiamò un taxi.

À la Tour Eiffel s’il vous plait. Mais dépêchez vous!

Durante il tragitto intravide una bancarella che vendeva rose. Fece accostare il taxi e ne acquistò tre. Arrivato alla Tour Eiffel, prese l’ascensore e, in preda a una grande emozione, salì sino all’ultimo piano. La trovò lì, sola. Osservava Parigi dall’alto stringendo tra le mani un piccolo mazzo di fiori d’arancio. Per un anno intero, ogni giovedì, Marta era salita sulla Tour Eiffel sperando di riabbracciare Giorgio.

D’un tratto lei si voltò e una vertigine di emozioni la assalì.  Era esattamente la scena che puntualmente sognava di vedere. Ma questa volta Giorgio era davvero lì, davanti a lei.

I due si guardarono intensamente come la prima volta e, proprio come la prima volta, lui le donò tre rose.

Nell’aria c’era fragranza di aranci e rose. Era il profumo dell’amore. Il profumo della felicità.

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In collaborazione con YSL Beauté e Ethos Profumerie

Racconto di Gianmaria Di Candia

Foto di Arianna Trigiante e Valeria Mundo